Una volta qualcuno mi ha chiesto: Ma infinito, $\infty,$ è pari o dispari?
La domanda è intrigante ma per rispondere dobbiamo rispondere ad un'altra domanda che la precede: Ma quant'è la metà di infinito?
Questa domanda se la era già posta Galieo Galilei che aveva risposto così
\begin{array}{ccccccccc}
1 & 2 & 3 & 4 & 5 & 6 & 7 & {\dots} & n\\
\updownarrow & \updownarrow & \updownarrow & \updownarrow & \updownarrow & \updownarrow & \updownarrow & \dots & \updownarrow\\
{1} & {4} & {9} & {16} & {25} & {36} & {49} & {\dots} & n^2
\end{array}
\]
\begin{array}{ccccccccc}
1 & 2 & 3 & 4 & 5 & 6 & 7 & {\dots} & n\\
\updownarrow & \updownarrow & \updownarrow & \updownarrow & \updownarrow & \updownarrow & \updownarrow & \dots & \updownarrow\\
{2} & {4} & {6} & {8} & {10} & {12} & {14} & {\dots} & 2\,n
\end{array}
\]
La domanda è intrigante ma per rispondere dobbiamo rispondere ad un'altra domanda che la precede: Ma quant'è la metà di infinito?
Questa domanda se la era già posta Galieo Galilei che aveva risposto così
Discorsi e
dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze
Scienzia
nuova prima, intorno alla resistenza de i corpi solidi all'essere
spezzati. Giornata prima
Galileo Galilei
[...]
SALV. Queste son di quelle difficoltà che derivano dal discorrer che noi facciamo col nostro intelletto finito intorno a gl'infiniti, dandogli quelli attributi che noi diamo alle cose finite e terminate; il che penso che sia inconveniente, perché stimo che questi attributi di maggioranza, minorità ed egualità non convenghino a gl'infiniti, de i quali non si può dire, uno esser maggiore o minore o eguale all'altro. Per prova di che già mi sovvenne un sì fatto discorso, il quale per più chiara esplicazione proporrò per interrogazioni al Sig. Simplicio, che ha mossa la difficoltà.Io suppongo che voi benissimo sappiate quali sono i numeri quadrati, e quali i non quadrati.
SIMP. So benissimo che il numero quadrato è quello che nasce dalla moltiplicazione d'un altro numero in se medesimo: e così il quattro, il nove, etc., son numeri quadrati, nascendo quello dal dua, e questo dal tre, in se medesimi moltiplicati.
SALV. Benissimo: e sapete ancora, che sì come i prodotti si dimandano quadrati, i producenti, cioè quelli che si multiplicano, si chiamano lati o radici; gli altri poi, che non nascono da numeri multiplicati in se stessi, non sono altrimenti
quadrati. Onde se io dirò, i numeri tutti, comprendendo i quadrati e i non quadrati, esser più che i quadrati soli, dirò proposizione verissima: non è così?
SIMP. Non si può dir altrimenti.
SALV. Interrogando io di poi, quanti siano i numeri quadrati, si può con verità rispondere, loro esser tanti quante sono le proprie radici, avvenga che ogni quadrato ha la sua radice, ogni radice il suo quadrato, né quadrato alcuno ha più d'una sola radice, né radice alcuna più d'un quadrato solo.
SIMP. Così sta.
SALV. Ma se io domanderò, quante siano le radici, non si può negare che elle non siano quante tutti i numeri, poiché non vi è numero alcuno che non sia radice di qualche quadrato; e stante questo, converrà dire che i numeri quadrati siano quanti tutti i numeri, poiché tanti sono quante le lor radici, e radici son
tutti i numeri: e pur da principio dicemmo, tutti i numeri esser assai più che tutti i quadrati, essendo la maggior parte non quadrati. E pur tuttavia si va la moltitudine de i quadrati sempre con maggior proporzione diminuendo, quanto a maggior numeri si trapassa; perché sino a cento vi sono dieci quadrati, che è quanto dire la decima parte esser quadrati; in dieci mila solo la centesima parte sono quadrati, in un millione solo la millesima: e pur nel numero infinito, se concepir lo potessimo, bisognerebbe dire, tanti essere i quadrati quanti tutti i numeri insieme.
SAGR. Che dunque si ha da determinare in questa occasione?
SALV. Io non veggo che ad altra decisione si possa venire, che a dire, infiniti essere tutti i numeri, infiniti i quadrati, infinite le loro radici, né la moltitudine de' quadrati esser minore di quella di tutti i numeri, né questa maggior di
quella, ed in ultima conclusione, gli attributi di eguale maggiore e minore non aver luogo ne gl'infiniti, ma solo nelle quantità terminate. E però quando il Sig. Simplicio mi propone più linee diseguali, e mi domanda come possa essere che nelle maggiori non siano più punti che nelle minori, io gli rispondo che non ve ne sono né più né manco né altrettanti, ma in ciascheduna infiniti: o veramente se io gli rispondessi, i punti nell'una esser quanti sono i numeri quadrati, in un'altra maggiore quanti tutti i numeri, in quella piccolina quanti sono i numeri cubi, non potrei io avergli dato sodisfazione col porne più in una che nell'altra, e pure in
ciascheduna infiniti? (WikiSource)
Possiamo sintetizzare il ragionamento di Galileo in questo modo, noi possiamo fare corrispondere ad ogni numero intero $n$ il numero $n^2$ in questo modo ad ogni intero corrisponde uno ed un solo quadrato e viceversa
\[\begin{array}{ccccccccc}
1 & 2 & 3 & 4 & 5 & 6 & 7 & {\dots} & n\\
\updownarrow & \updownarrow & \updownarrow & \updownarrow & \updownarrow & \updownarrow & \updownarrow & \dots & \updownarrow\\
{1} & {4} & {9} & {16} & {25} & {36} & {49} & {\dots} & n^2
\end{array}
\]
I quadrati che appaiono nella seconda riga sono anche nella prima e quindi da una parte sembra che i quadrati siano meno dei numeri naturali ma dall'altra sono nello stesso numero perché ad ogni numero naturale corrisponde un quadrato e viceversa. Possiamo ripetere lo stesso ragionamento con i numeri pari
\[\begin{array}{ccccccccc}
1 & 2 & 3 & 4 & 5 & 6 & 7 & {\dots} & n\\
\updownarrow & \updownarrow & \updownarrow & \updownarrow & \updownarrow & \updownarrow & \updownarrow & \dots & \updownarrow\\
{2} & {4} & {6} & {8} & {10} & {12} & {14} & {\dots} & 2\,n
\end{array}
\]
In questo modo vediamo che i numeri pari (che sono la metà di tutti i numeri naturali) sono esattamente tanti quanti sono tutti i numeri naturali e questo risponde alla nostra domanda: la metà di infinito è infinito e quindi non è né pari né dispari.
Questa strana proprietà che Galileo mise in evidenza oggi è utilizzata come definizione di infinito (lo schema con le frecce che abbiamo utilizzato si chiama corrispondenza biunivoca)
Un insieme $P$ è infinito se e solo se può essere messo in corrispondenza biunivoca con un suo sottoinsieme proprio.
Questo è esattamente quello che abbiamo fatto con i numeri naturali mettendoli in corrispondenza biunivoca prima coi quadrati e poi con i pari.
Questa strana proprietà che Galileo mise in evidenza oggi è utilizzata come definizione di infinito (lo schema con le frecce che abbiamo utilizzato si chiama corrispondenza biunivoca)
Un insieme $P$ è infinito se e solo se può essere messo in corrispondenza biunivoca con un suo sottoinsieme proprio.
Questo è esattamente quello che abbiamo fatto con i numeri naturali mettendoli in corrispondenza biunivoca prima coi quadrati e poi con i pari.
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